28 maggio 2012

4° Coppa Italia: Lago di Carezza

 "Se c'era Stegal, sta volta ce lo giocavamo". È una delle tante cose che ho pensato durante la longhissima di domenica al lago di Carezza. E le cause di morte possibili erano l'iscrizione in M35 con collasso integrale prima della fine, o la restituzione volontaria dell'anima a chi l'ha fatta per l'eccessiva bellezza del posto, della carta, della gara, del bosco, di tutto. Poi però ho scoperto che si era già iscritto in M40 (ma non aveva potuto venire) e mi sono ricordato che lui qui ci aveva già corso nella 6 giorni del Tirolo del 2010, quindi forse sarebbe sopravvissuto anche questa volta. Allora vediamo di farlo schiattare per l'invidia per non esserci tornato...

Perchè in effetti quando alzavi gli occhi dalla carta e vedevi queste robe qui, potevi quasi dimenticarti che stavi facendo una gara. Certo per godertelo dovevi avere ancora energie sufficienti per alzare gli occhi dalla carta, e dovevi farlo per un motivo diverso dall'imprecare perchè non trovavi la lanterna, quindi l'estasi non era proprio alla portata di tutti. Ma se perfino un noto paranoico da competizione come me intervistato dallo speaker di giornata all'arrivo ha dichiarato che "la gara era così bella che quasi non mi importa del risultato", vorrà pur dire qualcosa.

La giornata non era spettacolare, ma non pioveva e per molta parte della giornata si è riusciti a vedere il Latemar da una parte e il Catinaccio dall'altra, che da soli valevano il viaggio. E poi la gara e la carta hanno fatto il resto. Ma il resto bisognava guadagnarselo, perchè nè una nè l'altra regalavano nulla. La gara, almeno in M35, è stata tostissima, lunga, fisica e tecnica insieme: arrivato alla 12 avevo la testa che già invocava pietà, ma la gara stava praticamente per cominciare, dato che alla fine mancavano ancora 15 lanterne e la gran parte dei chilometri e dei metri di dislivello. E l'unica tratta di trasferimento, di quelle dove intanto puoi staccare un po' il cervello,  è stata dalla 23 alla 24 (ma quando devi correre per quasi un chilometro e mezzo dopo che è un'ora e mezza che sputi l'anima, non è che stacchi poi un granchè).

Il mio risultato è stato appena discreto: medaglia di legno con 27' da Rigoni, 9' da PM Grassi e 6' da S Grassi, ma questa volta era davvero la cosa meno importante, perchè mi sono proprio divertito. 

Un po' a corto di gare long, prima di partire mi chiedevo come fosse il caso di correre, dato che la concentrazione totale di una middle mi avrebbe fatto saltare i fusibili prima di metà gara, ma quando la abbasso troppo di solito finisco in tanta mona. Ho cercato di partire pensando soprattutto alla bellezza della carta, e così pronti via sono andato diritto alla 7. Per fortuna la testa era sufficientemente connessa da farmi capire cosa avevo fatto, e in un altro paio di minuti sono arrivato alla 1. Non un buon inizio, ma non mi deprimo troppo. E meno male dato che le 10 lanterne successive richiedono di raschiare il fondo del barile della lucidità. Alla 2 riconosco la buca a sud del cocuzzolo dietro il quale è nascosta la mia lanterna, per la 3 bisogna arrampicarsi un po', superare il dosso, riconoscere la depressione e il successivo nasino, e buttarsi quasi sul fondo della depressione dopo, perchè da più lontano la lanterna non si vede. Per la 4 si va un po' in costa, si arriva al verdino, e si prega di vedere qualcuno che esce dal punto. Dato che io qualcuno lo trovo, indico gentilmente la strada a Dario Stefani che arriva dopo di me. Per la 5 bisogna salire, riconoscere l'avallamento con la collinetta e poi scendere in costa fino alla zona movimentata. Bisognerebbe anche ricordarsi di cercare dietro uno degli ultimi sassi, mentre io comincio un po' prima, ma pazienza. 

Per la 6 si va tranquilli al sentiero e poi giù per la valletta fra i collinoni, poi si sbatte sul sentiero e, prudentemente, io opto per un attacco tranquillo dal pianetto a sud del punto. Buona l'idea, ma il risultato è disastroso, perchè nel semiaperto (o almeno questo doveva essere) vagano decine di persone, e una vegetazione decisamente variegata impedisce di leggere le forme del terreno. Aguzzare l'orecchio per sentire un pib o qualcuno che dica "è qui" è inutile per vari minuti. Poi in qualche modo la trovo, e penso che avrei potuto passarci la giornata: è in una buca sotto un sasso coperta da un albero. O ci cascavi sopra, o non la trovavi. 

Con la 7 ho già fatto amicizia prima, la 8 è in un verde inestricabile, ma ci arrivo un po' lentamente ma con cognizione di causa. Alla 9 faccio un figurone con Massimo Bianchi, che accompagno quasi a manina dando sfoggio di grandissima sicurezza tecnica. Poi per fare lo sborone esco sparato dal punto, e non mi perdo, ma perdo mezzo minuto perchè esco nella direzione sbagliata. Per la 10 c'è ancora da fare molta attenzione, ma una valletta e un roccione indirizzano verso la buca giusta. Per la 11 c'è da aggirare un altro roccione e fare 50 metri nella direzione giusta, e per la 12 c'è da affidare l'anima a chi si vuole, e riconoscere una micro altura che è talmente tormentata da essere quasi invisibile, e puntare sul sasso giusto fra la moltitudine fra cui scegliere. Io vado quasi a passo d'uomo ma lo centro al primo colpo. Dato che molti fanno un tempo simile al mio o migliore, forse c'era un trucco che io non ho capito. Comunque. 

La felicità per quella che mi sembra l'uscita dalla zona più tecnica, è tale che mi porta a sbagliare di nuovo l'uscita, e mi incaglio di nuovo in un verde inestricabile. Allungo anche la strada di lunghezza e di dislivello, ma è niente rispetto al tempo che perdo nel corpo a corpo con i pini. Giunto al praticello in fondo valle ho un piano perfetto per andare alla lanterna, ma devo correggerlo in corsa perchè stavo tornando alla 5. Fortunatamente non è malissimo neanche per andare alla 13 e una volta in zona riconosco la buca grande nell'avallamento e vado sicuro verso l'altura dove sono convinto ci sia la mia. E c'è! Per la 14 approfitto del passaggio offertomi da due giovincelle, e poi bisogna scegliere cosa fare. Re Carlo e altri salgono al volo 25 curve di livello per andare a prendere la strada, io decido di rimanere in costa e salire dopo, che non mi pare una scelta malvagia, ma sarebbe stata migliore se prima di partire in costa salivo altre 3-4 curve accorciando un po' la strada poi. Riesco a corricchiare anche le ultime curve di livello prima della strada e poi mi lascio condurre dal riferimento della roccia gigante fino ai miei sassetti. 

Della tratta successiva a prima vista capisco poco, ma vedo che c'è un sentiero a fare da linea di arresto, e intanto arrivo fin lì. A 100 metri dal punto mi è molto chiaro dove sono, ma non ancora come sia meglio andare da lui, dato che la vegetazione è di nuovo ostile. Opto per una vida di mezzo fra la discesa nell'avallamento e la salita sul naso, e arrivo esatto sulla buca. E meno male, perchè anche questa non si vedeva se non cadendoci dentro. Prima della 17 c'è il ristoro, e ce n'è proprio bisogno. Due bicchieri d'acqua e riparto con Daniele Meneghel verso un'altra zona ostica. Evidentemente allenarsi serve a qualcosa, perchè sto già correndo da un'ora e dieci e sono ancora molto lucido, tanto da riconoscere il promontorio con cocuzzolo, la buca dopo, e le due buche più lontane fra le quali devo scegliere la più a sinistra. Anche questa volta, per avere la soddisfazione di vedere la lanterna bisogna quasi arrivare a toccarla, ma in questo modo vale ancora di più.

Daniele inizia a farmi i complimenti, io inizio a rispondergli, e ciononostante riesco a guidare fino alla bucona sovrastata dal sassone e a puntare al sasso giusto. È lui a dirmi "è qui", ma già lo sapevo. Meno sicuro sarei stato su quella dopo, che è di nuovo Daniele ad indicarmi, ma mi sdebito alla 20, dove lo porto dopo che tutti e due eravamo saliti troppo. Per l'attraversamento del sassaio precedente (quello che qui in zona chiamano labirinto) il tracciatore ha previsto un percorso fettucciato, ma non mi accorgo che sia segnato in carta. Quando inizio a vedere delle fettucce, penso "oh, che culo, saranno di qualche manifestazione passata, ma sono proprio comode sa seguire".

Trovata la 20 si può di nuovo correre, prima su alla 21, poi giù e in costa alla 22, poi ancora in costa alla 23, e poi molto in là alla 24. Qui cedo alla tentazione di farmi condizionare dai miei compagni di viaggio, che a questo punto sono 2 dato che oltre a Meneghel si è aggiunto Tenani (che sono riuscito agevolmente a tenere fra la 22 e la 23, che gioia!), e che scendono velocemente alla strada. È una pessima idea, dato che la loro lanterna successiva non è la mia, e scendo inutilmente un bel po' di curva che poi mi tocca risalire, quando ormai di benzina ne è rimasta proprio poca. La 24 è la prima lanterna che si vede da lontano scendendo nel canalino, la 25 mi frega perchè mi lascio distrarre da paludina e sorgente invece di puntare all'avallamento, e la 26 prova a fregarmi ancora di più presentandomi una invitantissima 112 poche decine di metri prima della mia 113. Fortunatamente ho preso la buona abitudine di leggere il codice ad ogni lanterna, perchè fare PE alla penultima lanterna dopo 100 minuti di gara sarebbe stato scocciante. Per la 100 andando al sentiero non faccio probabilmente la scelta più brillante, ma pazienza. 

In chiusura i miei complimenti a Eddy Sandri, che conferma una grande stagione (già coronata con il bronzo ai trentini sprint) con un'altra bella gara. Probabilmente pesca il jolli nel terno al lotto della 6, ma se non si incagliava nella 19 e a me non avanzava un pezzo di gambe magiche per la 24, probabilmente mi batteva anche oggi.


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