6 settembre 2012

Minchia, che scarso.

Questo post avrebbe voluto intitolarsi "Ne vale sempre la pena" e nelle varie riscritture mentali dei giorni scorsi prevedeva una introduzione che iniziava con l'aneddoto di Gianni Bugno che corteggia per dieci anni quella che poi diventerà sua moglie, proseguiva con la storia a me più vicina del mio amico che ha corteggiato per dieci anni la sua attuale morosa (e se non è sua moglie è perchè è un pirla lui), e si concludeva con un pippone degno di miglior causa sull'importanza di impegnarsi e inseguire i propri sogni. Aspettavo solo la pubblicazione degli split dei campionati italiani long per permettere alle ali della mia immaginifica prosa di spiegarsi nella successiva narrazione della gara, che mi vedeva sicuramente primo fino alla quarta lanterna, prima del naufragio dovuto ad un mix di partenza troppo lanciata e cause psico-fisiche. Poi sono apparsi gli split. E l'unico titolo possibile è questo.

Sulla prima lanterna, che mi sembrava di avere degnamente interpretato costeggiando le buche, guadando il verde e seguendo il bordo del bucone, Simone Grassi mi ha dato quasi 2'. Sulla seconda, che ho corso quasi tutta sul sentiero con la sensazione di padroneggiare completamente la carta e di volare sulle foglie secche, sempre Simone mi ha dato altri 2' scarsi, sulla 3 attaccata in tutta sicurezza tagliando persino una curva del sentiero, Grassi l'altro mi ha dato 1' e mezzo, sulla ovvia 4 che chiedeva solo di correre, di nuovo Grassi PM mi rifilava quasi mezzo minuto, e sulla 5, su cui ho perso un paio di minuti, ma che mi sembrava di aver corso da quattrocentista, sempre PMG di minuti me ne ha dati addirittura 5. In pratica, dove pensavo di essere in testa, avevo già 7' dal primo. Minchia, che scarso.


Dopo che è cominciato nelle vicinanze della 5, dove, una volta lasciato il sentiero, volevo scavalcare il crinale e costeggiarlo, ma non ho trovato nessun crinale e sono andato nel panico, così, quando sono arrivato alle buche, invece di fermarmi a quella giusta ho inspiegabilmente proseguito fino alla successiva, dovendo poi tornare indietro assieme ad un Pavionese per trovare la lanterna. Pavionese che con la semplice sua presenza ha inchiodato il coperchio sopra il mio feretro, risvegliando il mio mai troppo sopito vizio di farmi distrarre dagli altri invece di pensare ai fatti miei, e spingendomi, invece di cimentarmi in un azimut di 100 metri scarsi a partire dalla carbonaia dove sapevo di essere, a ravanare su e giù per la valletta e i dossetti alla sua destra. È pur vero che la forma del terreno su cui doveva trovarsi la 6, in mezzo al verde non si vedeva per niente, ma il miglior tempo su quella lanterna è di 2:29 e il mio di 11:34. Minchia, che scarso.

Da lì al morale basso si è aggiunta l'impressione che le gambe non andassero più (ma noi ormai sappiamo che era solo una impressione, dato che evidentemente non andavano neanche prima) e la mia baldanza, o almeno quella che mi sembrava tale, è andata in malora. Per la 7 ho scelto di appoggiarmi prudentemente all'avallamento e solo un colpo di culo mi ha salvato dal nuovo attacco di panico dovuto al trovarmi in una carbonaia che solo dopo aver trovato il punto ho capito non essere segnata in carta. Per la 8 bastava correre giù e su dal buco (e anche nel fare questo i fratelli Grassi sono stati 5'' più veloci di me). Per la 9 ci ho messo un secolo a decidere se andare o meno prima al ristoro, per la 10 volevo salire alla sella ma continuavo a deviare troppo a destra (3' persi...) per la 11 ho cambiato piano 2-3 volte prima di incontrarla un po' per caso senza lo straccio di un punto d'attacco. Alla 12 bastava correre in giù e ho preso comunque quasi un minuto, e non sono riuscito a fare il miglior tempo neanche alla 13, che bastava correre lungo il recinto del campo di gara! Minchia, che scarso.

Nel frattempo mi aveva raggiunto PMG, che partiva un secolo dopo di me, e ho tentato di darmi un contegno accelerando verso la 14, ma di nuovo senza avere un chiaro punto d'attacco in mente. Tanto lo avrà lui, pensavo io. Tanto lo avrà lui, pensava lui. Così ad un certo punto nessuno dei due sapeva dove eravamo. E quando lui ha iniziato a salire io ho ben pensato che probabilmente eravamo in quella specie di spianata e che più che salire dovevamo andare avanti, "ma se lo dice PMG...". Meno male che a quel punto è arrivato Ingemar, che invece sapeva dove stava, e ci ha portati al punto. Per la 15 li ho spudoratament seguiti, mentre per la 16 ho avuto la decenza di pensare con la mia testa (anche perchè loro hanno fatto due scelte completamente diverse...). Salendo dietro a Ingemar cercavo di spingere, ma non ce n'era proprio più. Poi, lui dopo il secondo attraversamento si è tenuto basso e io sono salito fino al sentiero, ma la sua scelta (immagino attaccando il punto lungo il bordo del verde) di è dimostrata un minuto e mezzo meglio della mia (e 3' abbondanti meglio di quella di PMG che nel frattempo era andato a cercare rogne e curve di livello sotto la linea rossa). Per la 17 mi avanzava la lucidità necessaria a non perdermi prima di arrivarci ma non le energie per non prendere altri 40'' da Ingemar, mentre la 18 e la 19, che chiedevano solo di correre, hanno ulteriormente dimostrato che ero alla frutta. Minchia, che scarso.

A fine gara Stegal, vincitore morale della medaglia d'argento in M40, ma autosqualificatosi per essere partito prima della partenza della gara (e quindi quando era ancora più difficile perchè non c'era nessuno nel bosco) mi ha detto che oggi le gambe magiche le aveva lui. Probabilmente erano le mie. È vero, poteva dirmelo prima, però, minchia, che scarso.  

Nessun commento:

Posta un commento

non lasciate commenti anonimi, suvvia...