26 aprile 2017

Laives - Leifers Trail



Mentre il Perfido si sfiancava in Toscana agli europei di Rogaining (chiudendo in compagnia di Emiliano Corona al 27° posto, con 1190 punti in 23 ore e 02') io sono andato a farmi una passeggiata di salute dalle parti di Pietralba, dove si è corso in Arge Alp qualche anno fa: 51 km e 2900 metri di dislivello al Laives - Leifers Trail.

Mi sentivo fisicamente alla grande, e ho pensato che potevo provare a partire per fare risultato, invece che per sopravvivere. Il risultato è che sono arrivato 16esimo, a 1h20' dal primo. Quindi, dalla prossima si torna a puntare a sopravvivere.

Era una seconda edizione, quindi non c'era moltissima gente (un centinaio sulla 51 km e altrettanti sulla 21), però la gara era molto bella, soprattutto per i panorami. Per i miei gusti forse vedere il Catinaccio, ma vederlo così lontano e non poterlo mai toccare, è stato un po' una sofferenza, ma correre per i boschi del Sudtirolo è sempre uno spettacolo, persino senza lanterne e l'accoppiata Catinaccio - Latemar, anche se da lontano, fa sempre la sua porca figura.

Nella prima parte mi sono sentito brillantissimo, sia nella salitona iniziale (nera), sia nel lungo traverso dove se non stati attento tornavi al volo in val d'Adige (rosso) sia nella salita nel bosco con pendenze da ramponi e picozza (nera) e sono arrivato a Nova Ponente in gran scioltezza. Ho lasciato andare avanti un paio di concorrenti per dedicarmi coscienziosamente al ristoro, e poi sono partito con passo ancora sgarzullo.

Attorno al 23° km ho avuto la prima crisetta di giornata: non ero proprio in panne, ma non riuscivo più a tenere il passo dei due con cui prima riuscivo a stare, e li ho dovuti lasciare andare. Qualche km dopo mi sono ripreso (per motivi a me oscuri) più o meno sulla strada cantata dall'Immortale fra la riga 3450 e la riga 3500 del suo interminabile (ma naturalmente immortale) post "Ein-zwei-speakerei", dove parla della NeuHutte. Arrivo a Pietralba che sto di nuovo bene, cerco di sbagliare strada perché nel filmato sul sito si vedevano due che scendevano la scalinata davanti, mentre non bisogna affatto scenderla, e mi lancio all'inseguimento dei due.

Li piglio al ristoro di Aldino e mi pare di riuscire a stare con loro, o anche di poterli staccare un po'. Non so che c'è in agguato la seconda (inspiegabile) micro crisi di giornata, che più o meno dal 40° al 42° mi ingolfa di nuovo il motore, e mi fa perdere di nuovo i compagni di viaggio (dopo una comune deviazione fuori strada, per scarsità di fettucce).

Poco prima del ristoro di Monte San Pietro il motore continua a funzionare: non è quello della partenza, ma sono pur sempre 5 ore e mezza che corro. Da lì è tutta discesa, e mi ributto a cercare di prendere i due. Uno lo avvisto quasi subito, e lo raggiungo un paio di km dopo, l'altro non lo vedrò che sotto la doccia. Comincio ad essere veramente stanco, ma se rallento si allontana il magico momento dell'arrivo, che desidero più di ogni altra cosa al mondo, così stringo i denti. Più o meno a 3 km dall'arrivo mi superano due a velocità folle, e cerco di convincermi che è solo questione di testa riuscire a starci dietro. Provo ad attaccarmici, per qualche centinaio di metri funziona, e le mie gambe sulla discesa sassosa e ripida riescono ad essere più reattive di quanto sperassi, ma dopo un po' mi tocca arrendermi all'evidenza che non riesco a stargli dietro, e li lascio andare: mi staccheranno di poco più di un minuto.

Alla fine finalmente finisce: supero l'agognato traguardo e mi trascino fino al prato più vicino, dove mi lascio crollare a terra. Stanco ma stanco. 

Forse senza le due crisette (e i 4' di scampagnata sul sentiero sbagliato) sarei riuscito a stare sotto le 6 ore come avevo sperato, e forse sarei anche riuscito ad arrivare nei primi 10. Peccato che non abbia la più pallida idea del perché siano venute e di cosa fare per non farle venire la prossima volta.

17 aprile 2017

Como leic orientiring miting - dei 2

Questo post doveva cominciare così.

Mi piacciono molto le partite di tennis fra i grandissimi. Trovo che siano una espressione eccezionale dell'odio allo stato puro. Non si toccano, sono anzi dalle parti opposte di una rete invalicabile, ma quando vedi Roger e Rafa che si sparano bordate da una parte all'altro del campo, su ogni pallina c'è scritto "voglio ucciderti". E trovo geniale uno sport dove due possono scannarsi senza farsi un graffio.

L'orienteering propone, in alcuni rari casi fortunati, qualcosa di ancora più raffinato. L'oggetto del tuo odio non è neanche dall'altra parte della rete: il suo nome è solo stampato sulla cartina che hai in mano. A Monte San Primo sarà così: io sarò nel bosco che mi spolmono ed Egli, il Perfido Ruggero, ha solo il suo nome scritto in piccolo sulla mappa. È il tracciatore della gara: lui da mesi progetta il percorso, e riversa il suo odio per me aggiungendo km e metri di dislivello (e il percorso della M35 gli viene da 9,1 km e 400 metri di dislivello...). Io riverserò il mio per lui cercando di mangiarmi tutti quei km e metri, trovando le lanterne più in fretta possibile, e abbassando di 10' il tempo che lui ritiene necessario per completare il percorso.

Solo che non è andata proprio così.
Il Perfido aveva effettivamente il suo nome scritto in piccolo sulla mappa, ma io mi sono un po' sbagliato.

Nello sport ci sono gli atleti, i super atleti, gli idioti, e i super idioti. Io, modestamente, sono uno dei migliori di questa ultima categoria.

Come i lettori e le lettrici più assidui/e ricorderanno, ero nel bel mezzo di un week end romantico con mia moglie, e dopo la gara del sabato a Dervio, ci eravamo ritirati in "camera di hotel con vista spaziale sul lago e le montagne dietro". Ci eravamo guadagnati la super vista con una ragionevole salitella in bici di un paio di centinaia di metri di dislivello, un modo gradevole per arrivare a cena con quella punta di appetito in più. Fino a lì, il piano romantico - sportivo era stato perfetto (soprattutto perché, su consiglio di amici, avevo procurato all'Anto una bici a pedalata assistita...). 

La mattina della domenica ci aspettava la romantica pedalata fino al ritrovo, che solo pochissimi giorni prima della gara avevo scoperto constare, oltre che di 8 km, di 650 metri di dislivello. Era anche venuto fuori che era una salita amatissima dai ciclisti della zona, che l'avevano battezzata Super Ghisallo. Per un piccolo problema avuto il giorno prima con il Tarzo (per sbaglio mi ero ficcato in borsa tutta la loro busta di società, con pettorali e brichetti per la gara di domenica...) e troppo entusiasmo nel fruire della colazione, alla fine eravamo riusciti a partire dall'hotel un po' tardi ma pieni di serenità ed entusiasmo: l'Anto per via della pedalata assistita, io per via di una inguaribile tendenza a sottovalutare le situazioni.

La pedalata di per sé era andata piuttosto bene, la strada era molto bella, la vegetazione in pieno risveglio primaverile, la compagnia piacevole e, quando eravamo arrivati in prossimità del ritrovo, il programma complessivo era sembrata veramente un'ideona. Avevo una mezzora per arrivare in partenza, ero già in divisa, mi bastava cambiare le scarpe e andare, dato che il riscaldamento si poteva considerare fatto. È vero che il comunicato gara non diceva nulla sulla distanza della partenza, ma cosa sarà mai...

Già, cosa sarà mai: 2 km e 300 metri di dislivello (non sparati a caso, contati curva di livello per curva di livello!). Quello con il nome stampato in piccolo sulla mappa, mi aveva fatto un bello scherzetto, ma io ancora ci ridevo sopra, non sapendo che nella biciclettata e nella scarpinata verso la partenza, mi ero già giocato buona parte della colazione e delle energie che mi sarebbero servite per la gara.

Faccio di gran lunga il miglior tempo dal ritrovo alla partenza, ma questo non viene preso in gran considerazione. Molto di più il fatto che prendo in mano la cartina con 48'' di ritardo: non sono ancora partito, e sono già ultimo. E già stanchino. I miei allenamenti degli ultimi n mesi mi permettono di arrivare quasi in scioltezza fino alla 19, poi il motore inizia a perdere colpi e salendo alla 20 sono ufficialmente in crisi: per la prima volta nella mia vita agonistica, non vedo l'ora che la gara sia finita, dato che io lo sono già. 

Sulla gara in sé non ho purtroppo molto da dire (nonostante sia durata 1h30'): sulle prime due ho aggiunto ai 48'' omaggio altri due e mezzo abbondanti andando a cercare le lanterne in posti del tutto insensati, mediamente 4-5 curve sotto il dovuto. Alle 3 e 4 inizio a prendere timidamente confidenza con la carta, alla 5 faccio il miglior tempo perché sono ormai fantasticamente riscaldato e le gambe sono al loro top, talmente al top che per andare alla 6 invece che scendere come dovrei, mi metto a salire. Per compensare, alla 7 scendo troppo, poi infilo 5 lanterne buone (anche se con il senno di poi per la 8 c'era un sentierino un po' più in alto, più corto e con meno dislivello, che sarebbe stato utile anche per tornare poi alla 13). Sulla 13 perdo tempo soprattutto a girare intorno ad alcuni faggi caduti in zona punto, mentre alla 14 ho onorato il mio incontro con Cristian Bellotto perdendo 1' scioccamente. 15 e 16 senza infamia e senza lode (ma prima della 16 mi fermo un'eternità a bere 4 bicchieri d'acqua al ristoro), guizzo di orgoglio alla 17 e alla 18 (dove risalgo al secondo posto dopo il brillante nono con cui sono arrivato alla 4) e poi io speriamo che me la cavo fino all'arrivo, graziato alla 21 dove stavo facendo PE ma una lettura all'ultimo secondo del codice della lanterna mi ha salvato il c**o. Vince Ingemar, naturalmente.

Vostro onore, non è stata spocchia, lo giuro. Solo quel malsano pressapochismo che l'anno scorso in un allenamento lungo lungo mi ha portato a trovarmi alle ore 23.30 a Passo Vezzena e a farmi raccattare da provvidenziali amici del posto, quando sarebbe stato ormai sacrosanto che mi sbranassero i lupi.

10 aprile 2017

Como leic orientiring miting - dei 1

Giungo a Dervio per la seconda gara del Fu Trofei Centri Storici orfano del mio avversario n°1, passato dall'altra parte della barricata. Di solito quando mancano i miei avversari n°1 faccio schifo. Ma non può mica andare sempre così, no?

Per aumentare le probabilità di (in)successo, il mercoledì prima della sprint faccio ripetute sui 100 metri, per "aumentare la velocità". Non so se la velocità sarà aumentata, ma quando arrivo a Dervio ho la netta sensazione che i miei quadricipiti femorali si siano accorciati di 5 centimetri ciascuno. Gli esperti di preparazione atletica stanno ancora discutendo se bisogna o meno arrivare al termine degli allenamenti con il mal di gambe. Sono però tutti concordi sul fatto che arrivare con il mal di gambe all'inizio di una gara sia una cosa cristallinamente stupida.

La lochescion è fantastica: il riscaldamento si corre sul lungolago, con una corona di montagne di 2.000 e più metri che fa da sfondo. Se anche la carta fosse una ciofeca, il posto valeva comunque il viaggio. Anche la zona ritrovo è molto piacevole: c'è un sacco di gente, è caldo, sono tutti contenti, e c'è anche il baracchino della birra, forse lo hanno messo lì solo per il Bezzi, forse no; in compenso al ristoro ci sono solo delle fette biscottate e dell'acqua liscia molto quaresimali e dietetiche. Inoltre essendo una gara valida per il uorld renching tur ci sono atleti fortissimi, e anche in M35 sono schierati al via autentici fuori classe.

Dopo una partenza un po' stentata (3'' da un lanciatissimo Christopher Gallo alla 1, e 1'' da Paolo Mario Grassi alla 2 e alla 3) infilo 11 migliori tempi consecutivi, prima di prendere un altro secondo alla 15 e alla 16 dal Gallo e poi addirittura 4'' alla 17 [che evidentemente era meglio prendere da sopra tagliando fra le case, mentre credo di aver azzeccato tutte le altre scelte fino a lì, a meno forse della 8-9 che, da casa, sembrerebbe migliore passando dal vicoletto dalla 8 alla 1 e tagliando poi dal parchetto giallo rettangolare (o anche facendo il sentiero giallo a sud della 1, che volevo fare (ed è per questo che ero uscito dalla 8 ad est invece che ad ovest) ma poi ho cambiato idea all'ultimo)].

Plano alla 17 con 30'' di vantaggio su Christopher e 1'13'' su Ingemar: mancano 3 lanterne all'arrivo, sto andando alla grande, le gambe si sono completamente dimenticate delle ripetute sui 100 ed è anche tutta discesa. Sputtano 20'' andando in confusione in uscita dalla 19 e sbagliando l'entrata alla 20, ma sarei ancora in testa, se non ci fosse stata la 18.

Che c'era la 18 lo scopro solo all'arrivo, quando il mio stupido bigliettino degli split ha di nuovo il coraggio di dirmi "punches NOT ok", come a San Gimignano e io riguardo disperato la mappa. Mi lascio andare ad alcune parole non eleganti e trucido con lo sguardo tutti quelli che incontro nei successivi 5' (pardòn, Rosella), prima di avviarmi in un lungo mesto defaticamento lungo il lago, che si conclude con un adamitico bagno catartico nel lago (freschino...), su uno scoglio lontano da sguardi indiscreti.

Quando torno fra i civili mi è già passata, e penso che così posso saltare la premiazione e proseguire più velocemente con la tappa successiva del week end romantico con l'Anto, che prevede romantica pedalata lungo lago fino a Varenna, romantica traversata del lago in battello (che sarebbe più romantica se non ci fossero su anche autentici fuori classe, ma dalla vita non si può avere tutto) e romanticissimo pernottamento in camera di hotel con vista spaziale sul lago e le montagne dietro.

Per onor di cronaca, la gara la vince Ingemar, che è una specie di avvoltoio super specializzato, che non fa quasi mai il miglior tempo di tratta (a Dervio solo 1, ex aequo), ma non fa mai neanche grossi errori e, se sbaglia qualcun altro, lui c'è. Secondo GPM a 5'', molto più in forma di quello che si poteva ragionevolmente pensare dopo un inverno da neo-padre, ma abbastanza arrugginito da perdere 9'' alla 9) e terzi a pari merito, altri 7'' dopo, Ausermiller (che mi ha confessato che il suo cognome giusto è questo, non quello che aveva fino all'anno scorso) e Gallo, al quale è risultata fatale la 18, dove ha perso 50'' (ma almeno l'ha fatta, non come altri 3 pirla che l'hanno lasciata per strada, al secolo Simone Grassi, Fabio Cattaneo, ed il sottoscritto). 

P.S. naturalmente la classifica qua sotto è tarocca, l'ha prodotta per me il Perfido Organizzatore, dato che sul sito gli split degli sfigati che hanno fatto PM non ci sono...

3 aprile 2017

Ma non ditelo a S.Z.

Mi scoccerebbe che SZ pensasse che ho fatto quello che ho fatto, per seguire i suoi consigli. Quindi, per favore, non diteglielo.

Quello che ho fatto è una intera settimana di scarico, più un intero allenamento di tecnica. E mi sono anche ricordato perché non faccio mai gli allenamenti di tecnica: mi deprimono troppo. Ogni volta alla fine di un allenamento di tecnica mi sento il più scarso degli orientisti del mondo. La mancanza delle lanterne e di quel cocktail micidiale di sostanza stupefacenti che le mie ghiandole endocrine producono durante una gara, fa sì che io ogni volta mi convinca di non essere abbastanza intelligente per questo sport. Cosa che magari è anche vera, ma in gara è meno evidente.

Nel caso specifico, l'allenamento era made in Davide Miori. O meglio, made in Fabietto Daves, ricevuto e corretto da Davide Miori. In ogni caso, Trent-o doc.

La carta era un pezzo della bellissima "Altopiano dell'Argentario" e l'allenamento era un "multitecnica", dove alle tecniche pensate dal tracciatore si sono aggiunte anche "lotta contro i rovi" per la vegetazione esuberante, "trova le differenze" per l'aggiornamento non proprio recentissimo della carta, e "abbasso i daltonici" per la scelta di usare striscioline di carta crespa arancione in un bosco dove per lo più era ancora tutto color marrone autunno.

I primi due punti servivano per entrare in carta e io, complice un nuovo disboscamento e una nuova spropositata proprietà privata, ci ho messo più o meno quanto ad entrare nei Musei Vaticani a Pasquetta. Per fortuna ho finito di entrare in carta alla 3 e a quel punto ero pronto per il "solo curve" che ci aspettava a nord.

La 4 è stata l'unico momento di gloria del mio pomeriggio. Concentrato come ai mondiali middle sono passato accanto al tondino con le righette e ho riconosciuto alla perfezione tutte le successive forme del terreno fino a scontrarmi di faccia con la striscia arancio codice 41 (non perché io sia caduto di faccia sull'angolo del muretto, ma perché lei era appesa ad un alberello). A quel punto mi sono sentito talmente figo e talmente in sintonia con l'eterno spirito di Vladimir Pacl, che ero pronto per mandare tutto in vacca. Dicono che la 5 fosse posata sbagliata, cosa di cui non sono affatto certo, anche se ho disegnato il mio tracciato come se effettivamente fosse dove dicono, in ogni caso da lì alla 6 mi sono perso ignobilmente e misteriosamente. Con il senno di poi, e con la spiegazione che quella carta l'hanno fatta senza laserscan, probabilmente mi sono fatto ingannare dalla altezza spropositatamente maggiore di quanto segnato in carta, della collinetta dove c'era il punto. Sta di fatto che se fino a 5 minuti prima riuscivo a leggere tutte le microforme, da lì in poi avrei fatto fatica a distinguere un condominio.

E non è andata molto meglio nella zona del "control picking", quello che in carta era spiegato in alto a destra con una citazione di TG in persona. Io ho religiosamente ceccato la mia compass in uscita da ogni punto, ma ne ho cannati 3 su 5. E via con la depressione (e non quelle in carta).

Poi giro bonus con i pescetti, e vuoi che io non faccia il giro bonus? 

Primo pescetto bastardissimo con canaletta in verdastro e foglietto bianco appoggiato per terra; al secondo pescetto ci arrivo benissimo ma non trovo il foglietto bianco, che pende a 2 metri abbondanti dal suolo mentre io guardo nel fondo della buca di roccia; 17, 18, 19 e 20 quasi brillanti; 21 non proprio per la via più breve ma pazienza; 22 ma quanto lento vado su per questa rampa; e poi sono arrivato. Stanco E infelice.

Unica soddisfazione del finesettimana, MR ha perso il titolo regionale lombardo sprint per 7''. Brand-o santo subito.