25 aprile 2018

Ultra Trail Via degli Dei

Qualche mese fa sono andato in treno da Bologna a Firenze, e nei tunnel dell'Alta Velocità il contachilometri in carrozza segnava 180 km/h. L'ultra trail Via degli Dei parte da Bologna e arriva a Fiesole, che non è molto lontano da Firenze, però io a piedi andavo un po' più piano (in compenso, è vero che ho bevuto parecchio, ma non ho disseccato sorgenti e torrenti, come invece pare proprio aver fatto lo scavo di quei tunnel).

125 km e 5000 metri di dislivello o giù di lì, una gara "veloce", nel suo genere, che vuol dire che nel caso in cui tu voglia considerarti qualcosa che assomiglia vagamente ad un atleta, devi correre per un sacco di km, perché di salita dove camminare senza sentirti un po' in colpa non ce n'è moltissima (beh, in proporzione ai km complessivi...).

Partenza a mezzanotte da Bologna, e nelle ore precedenti gli organizzatori possono ben mettere su i Queen, la colonna sonora di Rocky, e qualsiasi altra canzone da battaglia, ma negli occhi della maggior parte di quelli che vedi lì in palestra, c'è scritto che una parte consistente del loro cervello vorrebbe andare a dormire. E oltretutto probabilmente è la parte sana.

Poi si parte e non ci pensi più, che adesso c'è da pensare a mettere un passo davanti all'altro, possibilmente correndo. Io sono alla mia seconda partecipazione e so bene che non è il caso di fare troppo i fighi sfrecciando nel centro di Bologna o aggredendo gli scalini di San Luca come fosse una cronoscalata, perché la gara è lunga, lunga, lunga. Il sentiero lungo il Reno di notte sembra una jungla, e con il fango (e il rincoglionimento notturno) ti viene il dubbio che possano anche saltare fuori i coccodrilli, ma invece loro non ci sono. Ci sono invece atleti da superare, e altri che superano te, e altri ancora che ti superano come ti stessero doppiando, ma poi li ripassi e non li vedrai mai più: l'esperienza nei trail aiuta parecchio. Anche ad imparare che è molto consigliato fermarsi a TUTTI i ristori, anche quando ti sembra di non avere ancora fame o di non avere abbastanza sete.

A proposito di fame, gli amici da cui sono stato a cena mi hanno preparato 200 grammi di pasta con più o meno altrettanti di ragù. Pasto altamente consigliabile prima di una gara lunghissima, solo che magari era meglio se non li mangiavo proprio tutti, dato che il mio ultimo ruttino al ragù sarà poco prima di metà gara.

I chilometri passano e la notta fortunatamente invecchia. Correre al buio è suggestivo, le stelle sono brillanti, il tempo a volte passa un po' più veloce che di giorno, ma la notte è fatta per dormire, non ci sono santi. Inaspettatamente però la più grossa botta di sonno (e i conseguenti inevitabili pensieri "cosa ci faccio qui? voglio ritirarmi - non voglio correre mai più - vorrei non averlo mai fatto - ecc ecc ecc") mi arriva all'alba, quando il sole spunta dalle colline e Norberto, il compagno di strada con cui siamo in sodalizio dal 20esimo km, si entusiasma perché il suo lettore mp3 gli propone con tempismo perfetto "all'alba vincerò, vinceròòòòòò, viiiinceeeeròòòòòòòòòò!". Io fra le pale eoliche prima della Madonna dei Fornelli mi accontento di non cadere addormentato, interrogandomi al contempo sulle competenze culinarie della Madre di Gesù, di cui non avevo mai sentito parlare.

Passato il Grande Sonno è ora di pensare alla "base vita" di Monte di Fo': il nome suona un po' ridicolo, dato che in lontananza si sente il rumore dell'autostrada e non siamo esattamente fra le montagne del Tor, ma volendo si può farsi una doccia, mangiare e ripartire freschi come le rose, o almeno un po' più di prima. Il nostro tandem però non ha bisogno di un pit-stop particolarmente lungo, stiamo entrambi benone, e ripartiamo in breve recuperando anche qualche posizione. Mancano ancora 55 km all'arrivo, ma sapere che siamo ben oltre la metà fa benissimo al morale, così come sapere ormai alle spalle il passo della Futa, e con lui la maggior parte del dislivello.

Meno bene al morale fa la consapevolezza di avere davanti ancora l'interminabile discesa da Monte Gazzaro, i 10 km di quasi piattone fino a San Piero a Sieve e, soprattutto, la salita di Monte Senario, che dall'anno scorso infesta i miei incubi (beh, dai, non esageriamo). 

Fortunatamente l'improvvisato tandem regge, in discesa imprechiamo a turno contro la sua lunghezza, sul piattone (dove sto per cedere io) imploro Norberto di raccontarmi la storia della sua vita, nella salita verso Monte Senario (dove sta per cedere lui) lo rianimo tenendo il suo passo e sparando un sacco di minchiate per distrarlo. Fra le minchiate ci sono anche quelle di un "collega" della corta, che dice al suo compagno di viaggio che ci sono delle persone "che non meritano di vivere", fra cui ad esempio quelle che il giorno prima gli hanno rotto i vetri della macchina, senza neanche rubare qualcosa. Mi permetto di fargli notare che la pena di morte per l'effrazione dei finestrini mi pare un po' eccessiva, ma lui giura che se si trovasse davanti il "criminale", non esiterebbe a sparargli. Trovo incomprensibile che uno così incazzato con il mondo apprezzi la corsa in montagna, e che la corsa in montagna non lo aiuti ad essere un po' meno incazzato con il mondo, ma proseguiamo.

La cima di Monte Senario sembra non arrivare mai, dato che il convento che ci sta appollaiato si rifiuta di mostrarsi fino a che non ci sei praticamente arrivato, in compenso quando finalmente ci sei è un gran bel momento, perché in pratica certifica che a Fiesole in qualche maniera a quel punto ci arriveremo di sicuro. Mancano ancora una quindicina di km, per lo più in discesa, e anche se le gambe, dopo 110 km, di far discesa non ne sono esattamente entusiaste, sappiamo che ormai ce la possiamo farcela. 

Il tracciato da lì alla fine non è molto bello (molto meglio quello dell'anno scorso) e le 3 rampe in discesa su asfalto condannano a morte le ultime fibre intatte dei miei quadricipiti, ma ormai è fatta, le case di Fiesole sono sempre più vicine, i "dentini" dell'altimetria stanno finendo, e sti benedetti Dei stanno stanno arrivando a casetta loro.

Dopo l'ultima salitella gentile entriamo finalmente in paese, alle calcagna di quella che scopriremo essere la prima donna, e nel teatro romano, oltre al tanto agognato striscione di arrivo, c'è ad aspettarci la Sindaca di Fiesole, con tanto di fascia tricolore, pronta a metterci al collo la medaglia di finsher. 

Io continuo a pensare che apprezzerei molto di più una qualsiasi fattispecie commestibile, ma pazienza: ce l'abbiamo fatta! :-) 



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