28 luglio 2017

Trofeo Piedicastello

Due righe sulla mia ultima (nel senso di più recente, non che dopo non ce ne saranno altre, spero...) prestazione orientistica, prima di partire per l'Hufeseintour (la scampagnata attorno alla Val Sarentino, che mi pare si chiami in italiano "Ferro di Cavallo").

Giocavo in casa, o meglio in casa della mia società, ma come ho già avuto modo di scrivere, con il boschetto in cima al Doss Trento io non ho mai avuto un gran feeling.

Il mio obiettivo dichiarato era "non perdermi sul Doss Trento", e l'ho mancato. Magari non mi sono proprio perso perso, ma dalla 2 alla 3 sono riuscito ad andare avanti e indietro per quel cavolo di sentiero 4 volte, e ogni volta mi pareva di essere alternativamente troppo lungo e troppo corto: sono riuscito a lasciarci 40''. E 1' sono riuscito a perderlo alla 6, prima accarezzando l'idea di andare alla 9 che mi pareva la 6, poi infrattandomi nel verdino e poi avviandomi sul sentiero sbagliato. Complimenti.

Ho poi provato a sbagliare anche la 12, ma sono solo andato un po' lungo prima di accorgermi che dovevo andare in su. Ci ho perso "solo" 15 secondi...

Da lì in poi non era più moralmente consentito sbagliare nulla, quindi ho evitato di farlo, e ho spinto le gambette più veloce che potevo. 

Alla fine ho portato a casa il prestigioso trofeo, rovinando la festa a Segatta che già si preparava a festeggiare il poker. Sorry.

E adesso (ore 13.15) a nanna, che questa notte non si dorme.


23 luglio 2017

O-marathon 2017

Dato che ormai per meno di due ore non mi allaccio neanche le scarpe, niente di meglio per tornare all'orienteering che la O-marathon, la gara ideata e organizzata dal Gronlait, che ogni estate porta a sgambettare sui prati degli altipiani di Folgaria, Lavarone e dintorni, un manipolo di irriducibili. Il fatto che il manipolo non aumenti vuole probabilmente dire che qualcosa nella formula non ha funzionato, ma chi c'è si diverte sempre molto.

Dopo le tempeste e il buio dell'anno scorso, quest'anno cielo limpido per tutti, il che toglie un po' di pathos, ma tutto sommato non è male.

La formula è (purtroppo) quella degli ultimi anni: partenza e arrivo nello stesso posto e cambio carta, sempre lì, più o meno a metà. Sicuramente molto meno sbattimento per chi organizza (sempre e comunque da ringraziare!) ma un po' meno di poesia per chi partecipa. 

La carta è quella di Forte Cherle, molto adatta allo scopo: c'è molto da correre, ma anche molti posti ostici. E alcuni ostici resi quasi proibitivi dalle condizioni della vegetazione: ortiche fino alle ascelle e altre piante tropicali che nascondono tutto quello che c'è sotto, fra cui rocce, fili spinati, e probabilmente anche boa costrictor e scorpioni giganti. Ciò nonostante ne sono usciti quasi tutti vivi. 

In M35 è la riedizione della gara dell'anno scorso, che era finita con un podio Pedrotti - Cipriani - Hueller, e soli 9'' fra i primi due, dopo 2 ore e 40 di gara. Sulla carta, viste le mie uscite da trail - sky - mountain - runner, sono strafavorito. Ma fra "sulla carta" e "in carta" spesso ce ne passa parecchio.

Partenza in linea, quindi per una volta si corre tutti insieme, e i distacchi non sono teorici, ma reali. Dopo non molto dal via mi accorgo che è una di quelle piacevoli giornate in cui gambe e cervello sembrano attivi e collaboranti, e mi involo da solo nel bosco. Split alla mano, probabilmente in realtà Cipriani mi ha visto poco distante per quasi tutta la prima carta, ma a me sembrava di essere da solo, il che ha molto aiutato la mia concentrazione.

Per il primo errore in zona punto devo arrivare addirittura fino alla 14, prima, praticamente tutto perfetto. Se si esclude la stupida scelta di percorso "sotto la riga rossa" dalla 3 alla 4, che era la più scioccamente intuitiva (e infatti ci sono cascati quasi tutti) ma decisamente la più lenta. Scelta ancora più stupida considerando che le mie gambe andavano parecchio di più dei miei avversari, e con la tangenziale lungo i sentieri avrei potuto prendermi parecchi minuti di vantaggio. Invece in 22' di tratta 3-4, rosicchio solo 13'' a Cipriani, che credo sia andato dall'altra.


Esco dalla 4 con Andrea più o meno alle calcagna e, come al solito, chiacchiera. Uscendo dalla 7 facciamo due scelte diverse, verso l'alto io, verso il basso lui. Pare meglio la mia, perché quando arrivo alla 8 di lui non c'è traccia. 9 da fare attenzione (e la faccio) 10 pure (e sono un po' lentino) e poi c'è il fork o come cavolo si chiama. Lo faccio bene, in un terreno non certo fra quelli a me più congeniali, leggera sbavatura solo alla 14, dove ricompare Andrea non so bene da dove e sembra davanti di me. Ma ha un fork diverso, e in uscita dalla 16 ho 3' di vantaggio, che aumento alla 17. 

La 18 mi pare una di quelle a cui fare molto attenzione, e decido per un approccio super prudente. Vado a prendere un punto di attacco a prova di cretino, solo che poi da lì salgo a sentimento invece che a bussola, e dilapido tutto il mio vantaggio. Dagli split sembra che io abbia ancora 28'' di vantaggio, ma nella realtà non era così, boh. 

La 19 è un perfido scherzo dei tracciatore: si vede da lontano, ma fra te e lei un mare di ortiche - rovi - non si sa bene cosa. Mi butto nella foresta rimpiangendo un machete, sbatto tibie e ginocchia ad ogni pié sospinto, rischio fratture esposte della caviglia e del ginocchio, ma ci arrivo quasi sano, un paio di secondi prima di Andrea, che aveva fatto un altro giro, un pelo meno cruento. 20 di transizione e 21 da paura, anche perché leggo male le rocce e mi butto inutilmente in un posto peggio di quello della 19. Meno male che Andrea mi viene dietro, e che usciamo senza fratture.

Da lì al cambio carta si corre, risalgo per evitare il vallone e finisco il primo giro con 21'' di vantaggio. Breve rifornimento e via di nuovo.

Le gambe sono ancora di buon umore, e inizialmente anche la testa (vabbeh, alla 3 vado un po' in giro per le rocce, ma quello è un classico: Andrea mi dà 52'', ma io gliene avevo dati 1'13'' nelle prime due, quindi fa niente). 

Andando 4 mi accorgo di quanto sia stata una pessima idea la strada alta nel primo giro, e faccio quella bassa. Falcata atletica, respirazione alla Miguel Indurain, sguardo fiero, ma in zona punto mi ricordo che è orienteering e non mezzofondo, così mi metto in testa un sacco di dubbi su dove sono e, nonostante sia nel posto giusto, mi comporto come se mi fossi perso. 

Morale, arriva Cipriani, e solo con lui ritorno in me. Ma non sono lo stesso me del primo giro, pascolo intorno alla 5 per un tempo infinito (facciamo 3'-4') e la trovo praticamente solo perché arriva Andrea, che però ne ha già fatte un paio più di me, così mentre io termino il fork, lui sparisce. 

Alla 10 ha quasi un minuto di vantaggio, ma alla 11 è il suo turno di andare in bambola, e lo raccatto in una radura parecchio più in alto di dove sta la 11. Lo carico, lo porto alla 12 e poi lo semino andando alla 13. 

Corro 13 - 14 - 15 - 16 e 17 come una gazzella felice fra i prati, di Cipriani non c'è più traccia neanche all'orizzonte, così inizio a pensare a come festeggiare la vittoria: a braccia alzate con la cartina in mano, a braccia alzate senza la cartina in mano, in altro modo? Dedico alla 18 una percentuale della mia concentrazione fra il 7 e il 12%, che non è evidentemente sufficiente, dato che mi infilo in un sentiero che non centra niente. È però sufficiente per farmi capire che c'è qualcosa che non va. 




Quando realizzo che sono dalla parte sbagliata del vallone mi sento l'orientista più stupido dell'universo, giuro che se arrivo secondo mi do ai racchettoni da spiaggia e mi metto a correre come un forsennato verso la 18. Ci arrivo mentre Andrea ne sta già uscendo e non capisce bene perché io arrivi da quella. Lo inseguo nel vallone e fortunatamente ha un pelo di preparazione atletica in meno di me, così lo riprendo e lo stacco, scongiurando i tornei di racchettoni. 

Bisso il successo del 2016, fondamentalmente perché è vero che nell'orienteering correre non basta, ma nella o-marathon aiuta parecchio.


16 luglio 2017

Trento - Cima Ghez, con brivido

Da quando mi diletto nella corsa in montagna, una delle cose che mi ero messo in testa di fare era raggiungere, partendo dalla città, tutte le cime visibili dalla città.

Le montagne nelle immediate vicinanze sono varie, ma la più alta, la Vigolana, è poco più di 2000 metri (2.149, per i pignoli). Però ci sono alcuni punti del centro storico da cui, guardando nello spiraglio fra il Bondone e la Paganella, si scorge un pezzo di Dolomiti di Brenta, per la precisione la Cima Ghez, un bel po' più lontana (?) e un bel po' più alta (2.715). Non essendomi io impegnato nel rispondere al punto di domanda della parentesi qui sopra, ho deciso che prima o poi dovevo andare anche lì, e magari tornare a Trento in giornata.

Avevo in programma una ultima uscita luuuunga prima della Südtirol Ultra Skyrace e ho pensato che fosse una ottima idea andare proprio lì, con poi un passaggio al Rifugio Cacciatori, una puntata al Rifugio Pedrotti, una discesa verso Andalo o Molveno, e poi lì vedere se mi andava di tornare fino a Trento, o prendere la corriera.

Sono arrivato in cima, ma l'idea non era proprio del tutto ottima.

Giorno prima - ore 22.30 - punto la sveglia alle ore 4.30. Dentro i me sento un fortissimo desiderio di iniziare una conversione alla Canasta, o al limite agli scacchi. Dovrò lavorarci.

ore 01.53 - mi sveglio. Non lo so ancora, ma a svegliarmi è stato il mio Neurone Custode. La scienza non ne parla, magari lo ho solo io. Comunque è un neurone nascosto nel mio cervello, che quando gli altri neuroni progettano una cazzata troppo grossa, interviene. 

ore 02.10 - ho capito che non c'è verso di addormentarmi in tempi utili per poi non essere del tutto rincoglionito alle 4.30, quindi tanto vale alzarsi e partire.

ore 02.45 - ho finito di fare colazione e di prepararmi, salgo in bici e mi dirigo verso il punto da cui ho deciso di partire, il Ponte di San Giorgio. 

ore 03.06 - inizio a correre verso la Vela e poi su per il sentiero di San Vili. È buio pesto, ma è una bellissima nottata, con 3/4 di luna che fa una bella luce, e comunque ho la frontale.

ore 05.00 - sono sulla parte più ripida del sentiero di San Vili, il sole non è ancora sorto, ma si vede il profilo di tutte le montagne all'orizzonte, e una luce rosa che inizia a colorare il cielo. Non è male.

ore 05.30 - arrivo al lago di Lamar. Acque immobili e turchesi, temperatura dell'acqua perfetta, silenzio totale. Sono già bello accaldato e mi tuffo vestito (senza scarpe e calzini...). Dopo alcune bracciate riconsidero il mio programma di conversione alla Canasta o al limite agli scacchi, e lo posticipo al 2025.

ore 06.00 - sono in Prada, altopiano pratoso ai piedi della Paganella. La luce dell'alba illumina le rocce sopra di me, svariati caprioli pascolano intorno. Il cielo è Azzurro. Posticipo la Canasta al 2045 e annullo gli scacchi.

ore 06.40 - la strada si impenna seguendo una mulattiera acciottolata ripidissima. Ma dietro una curva mi compare una volpe a meno di 10 metri. E poi sono ancora fresco come una rosa. Annullo anche la Canasta.

ore 8.12 - superato Margone mi fermo vicino a Malga Bael per fare colazione, o pranzare, non so bene. Alimento specifico per runners: panino con formaggio, maionese e wurstel. Con abbondante acqua di fonte. Da lì mi tocca scendere, 500 metri che poi dovrò riguadagnare, dato che adesso sono a 1000 e poco e devo arrivare a 2.700. Ma sono ancora in forma smagliante. Però ho pensato che arrivo solo fino a Molveno,  che a forza di spostare questa uscita di rifinitura per la Südtirol, si è avvicinata un po' troppo alla gara, e non è il caso di esagerare.

ore 9.00 - sono a Moline, il punto più basso. Bel posto, con un bel ponte, delle belle case, e un bel torrente impetuoso, ma l'altimetro dice 508 metri sul livello del mare. Merda.

ore 9.30 - arrivo a San Lorenzo in Banale, è un bellissimo paese, e sta un po' più su di Moline. C'è anche una gran fontana, ma oggi l'acqua non è un problema (cioè, ne bevo un sacco, ma se ne trova tanta). Da qui inizia la Vera Salita.

ore 10.15 - mi concedo una limonata al rifugio Alpenrose. Mi danno il resto in moneta e mi faccio dare dello scotch per evitare che poi mi facciano casino nello zainetto. Riparto pieno di entusiasmo e atletica esuberanza.

ore 11.15 - ho passato da poco il bivio fra il sentiero 354 e il 354bis, l'ultimo avamposto della mio percorso "certo" fino alla cima. Fino a qui era tutto sentiero ufficiale, da qui in poi ho solo delle indicazioni trovate in internet, che naturalmente non mi sono preso la briga di stampare e portarmi dietro. Mi pare di avere riconosciuto il punto dove dovevo abbandonare il 354b e sono salito fino ad un bel sasso dove mi concedo il secondo panino con formaggio ecc.

ore 12.00 - dopo il secondo panino per un po' ho trovato qualche traccia, poi non più ed è da un bel po' che salgo un po' a caso su per un prato ripidissimo. Ci sono milioni di fiori, fra cui le negritelle che mi piacciono un sacco, ma pagherei per trovare una orma umana, o una cartaccia, o anche un mozzicone di sigaretta, che mi dimostrino che qualche umano è passato di là prima di me. Non è che si possa sbagliare strada, perché devo per forza arrivare sul crinale (è l'unica cosa che mi ricordo della descrizione che non ho stampato), ma è andato via il sole e mi sento un po' insicuro. Per fortuna le gambe invece continuano ad andare alla grande.

ore 12.30 - arrivo sul crinale! Dall'altra c'è un panorama da paura,  un sacco di Dolomiti di Brenta e sullo sfondo anche il ghiacciaio dell'Adamello. Sotto i miei piedi c'è finalmente una traccia di sentiero, che corre in cresta. Il mio piano di arrivare in cima per mezzogiorno partendo alle 5 (cioè 2 ore dopo di quando sono effettivamente partito...) si rivela vieppiù velleitario, ma grazie al mio Neurone Custode pare che ce la farò.

ore 13.45 - sono sulla cima!!! Ho dovuto superare un paio di passaggi un po' esposti, l'ultimo pezzo era ripiduccio e faticosetto, sono in ritardo di circa 3.45 sulla mia velleitarissima tabella di marcia, ma sono in cima al Ghez! Il cielo è coperto, ma c'è una ottima visibilità su tutti i lati, e si vede benissimo il centro di Trento, quello da cui vedevo quassù e pensavo che prima o poi ci sarei venuto. Le Dolomiti di Brenta (anche) da qui sono spettacolari, guardo giù il Rifugio Cacciatori e il sentiero che da lì mi porterà al Pedrotti, è una gran figata. Unico neo, non mi è chiarissimo come scendere, e questo mi toglie un po' di tranquillità. Apparentemente su tutti i lati la cima finisce nel vuoto, ma ho letto in internet che c'è un modo di scendere verso il rifugio Cacciatori, quindi ci sarà.

ore 14.05 - mi avvio cautamente nella direzione della presunta traccia di sentiero, ma della traccia non c'è traccia. Scendo con somma cautela, mi affaccio dietro ad un costone dove mi pare di aver capito che dovrei scendere, e c'è uno strapiombo di varie decine di metri. Sono Molto Preoccupato.

ore 14.25 - non sono più preoccupato, sono terrorizzato. Della traccia non c'è proprio traccia, è ripidissimo, gli unici posti dove riesco a scendere senza avere la netta sensazione che scivolerò e morirò nel dirupo sono i tratti erbosi, e ogni volta che provo ad affacciarmi verso nord c'è il solito strapiombo. Scendo con una lentezza esasperante, con il cuore a 200 battiti al minuto, imponendomi di non farmi prendere dal panico e di pensare 5 metri alla volta. La verità è che non sono per niente certo che non arriverò ad un punto dove non riuscirò più ad andare avanti. Dal quale potrei certo tornare indietro e ridiscendere dalla cima dal lato da cui sono salito, ma dovrei ripassare da un paio di posti che non mi piacerebbe per niente dover ripetere. 

ore 14.35 - mi viene in mente l'articolo letto un paio di giorni prima, dei due che si sono fatti venire a prendere dall'elicottero "perché erano stanchi" e la giusta montagna di critiche e ironie successive. Mi immagino cosa potrebbero scrivere di quel co**ione che scrive di corsa in montagna e si è incrodato sul Brenta, e non è bello. Ma mi pare ancora peggio l'idea di essere tirato su con un verricello dal posto in cui mi trovo. Coraggio, niente panico, cinque metri alla volta, e poi vediamo.


ore 15.05 - sono arrivato in un posto dove posso dichiararmi "fuori pericolo". Mi sdraio in mezzo ai rododendri, incazzato con me per non essermi portato dietro la descrizione del percorso, e con il tizio che l'ha scritta, perché di tracce non ce n'erano neanche a pagarle: scoprirò solo molte ore più tardi, a casa, che la sua descrizione del percorso si intitolava "CIMA GHEZ - per la Cresta Nord-Est, da Rifugio Cacciatore", e io, che oltre a non stamparla non mi sono neanche preso la briga di ricordarmela bene, sono sceso verso nord-ovest. Quindi sono io ad essere un cretino totale.

ore 15.15 - bacio il primo segnale bianco e rosso di un sentiero SAT, ma scoprirò poi che è un bacio di Giuda, il suo. Perché quello non è il sentiero su cui volevo arrivare. Cioè, a dire il vero, ho fretta e non riguardo la carta, così non mi accorgo che ci sono 2 sentieri, e io dovrei arrivare a quello sotto. Peccato che fra i due ci sia un altro strapiombo, solo una ventina di metri questa volta, ma io sono un pavido e mi basta. Morale: per la mezzora successiva vado a spasso sul costone di un dirupo, finendo per incastrarmi fra un dirupo sotto e uno sopra (= non posso neanche più salire) fino a che non incontro una bella distesa ripidissima di mughi, che una persona sana di mente fuggirebbe come la peste (se ti si ficca un piede sotto un ramo e ti si gira la caviglia o il ginocchio, ciao) e io mi ci butto a capofitto.

ore 15.30 - arrivo DAVVERO sul sentiero dove volevo arrivare, quello che mi riporterà a San Lorenzo in Banale, con buona pace per il Rifugio Cacciatori, il Rifugio Pedrotti e il Lago di Molveno. Sarà per un'altra volta. 

ore 16.15 - dopo 45' di sgambata veloce in discesa su sentiero cementato, arrivo in piazza a San Lorenzo, VIVO. Festeggio immergendomi in una fantastica fontana e ripromettendomi maggiore oculatezza nelle prossime scelte (oltretutto, senza il mio Neurone Custode, sulla Terribile Discesa mi ci sarei trovato verso le ore 16.30, e sarebbe stata tutta un'altra storia...) Comunque, 52 km + 4000 metri di dislivello, e le gambe andavano ancora bene: Südtirol, arrivo!


2 luglio 2017

Urbi et orbi

Dato che recentemente non mi sono lanciato né in prodezze orientistiche, né in ultra-qualcosa suicidi (allenamento di miseri 20 km con 1600 metri D+ sul Sas de Putia (2.875 m di altitudine) sabato scorso, e altri 24 km con 1800 metri D+ sul Monte Bondone oggi), ho pensato di riempire qualche minuto vuoto di chi si ostina a venire da queste parti, segnalandovi questa mia nuova performance artistica.

Dopo i 143.000 lettori medi di questo blog, eccomi lanciato ad incantare i 1.340.454 ascoltatori di Radio Azimut, con la prima puntata dedicata al Pianeta Master.

La puntata del 26 giugno, che mi vede stellare ospite, è ascoltabile qui.

Le mie imperdibili dichiarazioni, dal minuto 9:45 o giù di lì.

Autografi disponibili direttamente dal mio agente S.Gall (ovviamente a pagamento).